Mafie, Rosy Bindi agli imprenditori: «Rifiutare il denaro di provenienza non chiara»

Onorevole Rosy Bindi, dal suo osservatorio di Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, le mafie oggi sono più deboli o più forti di ieri?

«Grazie all’azione di contrasto dello Stato e alla reazione dei cittadini, le mafie sono state costrette a cambiare passo, ad adeguare metodi e strategie. Cosa Nostra e la mafia delle stragi sono state sconfitte.

La sfida che abbiamo di fronte oggi è quella di mafie – soprattutto la ’ndrangheta – che hanno una forte capacità di corrompere e di riversare nell’economia legale, attraverso il riciclaggio, enormi quantità di denaro proveniente soprattutto dal traffico della droga.

Se è vero che la mafia ha sempre inseguito il denaro, in passato lo ha fatto prevalentemente usando con brutalità l’intimidazione violenta e le armi. Oggi si spara meno per fortuna, ma si corrompe di più. La pericolosità delle associazioni mafiose sta nella loro capacità di creare rapporti di convenienza con il mondo economico, oltre che con il mondo politico. Quindi oggi le mafie non sono meno pericolose di prima e sono sicuramente più insidiose».

Il Veneto non è terra di mafie, ma è terra che interessa alle mafie. Come si argina il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nell’economia?

«Innanzitutto non negando la loro presenza e pericolosità. Conoscendole, approfondendo le nuove caratteristiche dell’agire mafioso e rafforzando le pratiche della legalità.

Sappiamo che riciclano denaro sporco nell’economia pulita? Sappiamo che tentano di rilevare attività economiche legali per infiltrarsi nelle comunità locali? Sappiamo che tentano di infiltrarsi nei grandi appalti pubblici? Dobbiamo allora evitare di aprire loro dei varchi. Oltre alla repressione che le forze dell’ordine e la magistratura praticano con grande impegno e con risultati importanti, è infatti necessaria un’attenta vigilanza da parte di tutti: imprenditori, professionisti, amministratori pubblici….

Dobbiamo creare dei veri e propri “cordoni sanitari” a difesa dell’economia e della società sane. E delle reti di solidarietà affinché gli imprenditori che si trovano in difficoltà finanziaria non cedano alla tentazione di accettare il denaro della mafia.

Ho apprezzato molto il protocollo della Prefettura di Treviso e della Camera di Commercio che va nella direzione di coinvolgere una pluralità di attori economici e istituzionali a presidio della legalità».

Cosa possono fare le istituzioni locali?

«È necessario che le istituzioni locali e i cittadini siano essi stessi dei presidi di legalità. Un imprenditore, un politico, un funzionario della pubblica amministrazione, un direttore di banca, un professionista, un qualunque cittadino devono segnalare situazioni ambigue alle forze dell’ordine anche solo in presenza di un dubbio, di un sospetto».

Che appello si sente di lanciare ai nostri imprenditori?

«Il mio appello è quello di rifiutare denaro di provenienza non chiara perché, così facendo, si rischia di consegnare le imprese al controllo della criminalità organizzata. Non è vero che il denaro non ha odore: il denaro della mafia, così come i voti, puzza e non produce né sviluppo né crescita di qualità.

Se un imprenditore è in difficoltà – e la grave crisi economica ha creato molti problemi a tante imprese – deve rivolgersi alla propria associazione di categoria o alla Camera di Commercio, e chiedere aiuto.

Ci sono strumenti, come ad esempio i fondi antiusura, che servono proprio a sostenere le attività economiche in crisi. Accettare relazioni di qualunque tipo con uomini legati alle mafie significa alimentare illegalità e corruzione.

Come ha detto Papa Francesco la mafia è una realtà in antitesi al Vangelo e, io aggiungo, in antitesi alla nostra Costituzione. Quindi come Papa Francesco ha “scomunicato”, anche di recente, i mafiosi, allo stesso modo la società civile deve riuscire a espellerli definitivamente da se stessa».

Francesca Nicastro


 

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