Anti dumping, in arrivo norme più severe contro la concorrenza sleale delle imprese cinesi

Anti-dumping, c’è (quasi) la buona norma europea che difenderà le nostre imprese da quelle cinesi e dai loro tentativi di conquista sleale dei mercati del nostro continente.

Se le imprese europee avranno ancora qualche difesa nei confronti e della commercializzazione in Europa dei prodotti made in China, sarà grazie agli europarlamentari italiani.

I quali hanno presentato degli emendamenti con i quali la commissione Commercio internazionale (INTA) del Parlamento europeo ha modificato la proposta di Bruxelles sulle regole antidumping, rendendole più severe per difendere l’economia europea dalla concorrenza sleale dei Paesi extra-UE.

A luglio la norma dovrà essere approvata in seduta plenaria dal Parlamento europeo che poi potrà iniziare i colloqui con i ministri dell’UE sulla base del testo finale.

Non c’è ancora il testo definitivo ma la pista è stata battuta in modo chiaro, facendo tirare il fiato ai rappresentanti delle categorie economiche venete che tutelano un settore che risente in modo particolare della concorrenza sleale soprattutto cinese: quello della moda.

«Siamo confortati dallo scenario che ora abbiamo davanti, perché siamo passati dall’ipotesi di una diminuzione dei vincoli antidumping, voluto dalla Commissione Europea, che sarebbe stata distruttiva per le nostre imprese, ad una tutela più decisa, che prevede regole di misurazione più chiare e più rigide» commenta Pier Giorgio Silvestrin, portavoce del Tavolo Veneto della Moda, coordinamento unico nel suo genere in Italia costituito da Confartigianato, CNA, Confindustria, Confcommercio e Confesercenti Moda del Veneto.

Ma da cosa si devono difendere le imprese europee e venete? Nella sostanza, dal fatto che le imprese cinesi non agiscono in un’economia di mercato, visto il forte e determinante intervento dello Stato nell’economia; questa copertura da parte dello Stato le mette nelle condizioni di esercitare azioni di dumping, cioè di vendere a prezzi molto bassi quando esportano in Europa. Per arginare questa concorrenza sleale, la Commissione europea applica da anni misure antidumping su specifici prodotti sottocosto provenienti dalla Repubblica popolare Cinese.

Ma il Regolamento base antidumping dell’UE è stato sottoposto a revisione a fine 2016 per evitare che la scadenza di una disposizione transitoria contenuta nel protocollo di adesione della Cina all’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), impedisse di continuare a difendersi efficacemente dalla pratica del dumping cinese. Ne è scaturita una posizione comune adotta a maggio dal Consiglio dei ministri dell’UE, quella ora esaminata e modificata dalla Commissione commercio internazionale del Parlamento Europeo.

Gli eurodeputati della commissione INTA, nel testo di cui è stato relatore l’italiano Salvatore Cicu, hanno proposto, tra le altre cose, che le indagini antidumping tengano conto della conformità del Paese esportatore alle norme e agli standard internazionali in materia di lavoro, fisco e ambiente, della presenza di eventuali misure discriminatorie nei confronti degli investimenti esteri, del diritto societario, dei diritti di proprietà e del regime fiscale e fallimentare; che la Commissione UE realizzi relazioni dettagliate che descrivano la situazione specifica in un determinato Paese o settore per il quale verrà applicato il calcolo dei dazi e che non vi sia, nel corso di un’indagine antidumping, alcun onere di prova aggiuntivo per le imprese UE rispetto all’iter attuale.

«Da tempo, in ogni occasione, esprimiamo il nostro forte timore, condiviso anche da altri soggetti economici, sull’impatto di un eventuale riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina per la sopravvivenza delle nostre imprese, per l’occupazione, e la crescita economica europea, perché questo farebbe cadere ogni limite alla concorrenza leale. Ci aspettiamo ora che, dopo le recenti prese di posizione pubbliche in tal senso del Ministro Calenda, i parlamentari europei italiani continuino nella loro azione per completare positivamente l’iter del provvedimento, anche se occorre agire con molta attenzione, perché non possiamo dimenticare che la Cina è il secondo partner commerciale dell’Unione» conclude Silvestrin.


 

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