Scuola di Coding e Robotica di Make and Play: un successo La direttrice di Make and Play Gloria Spagnolo fa il bilancio dell'anno

A fine maggio termineranno i Corsi di Coding e Robotica per ragazzi promossi da Make and Play con la collaborazione del FabLab Castelfranco Veneto e il supporto di CNA. Una esperienza pilota che la Marca Trevigiana condivide con poche altre città italiane come le metropolitane Roma, Milano e Firenze. I sei corsi attivati da ottobre si stanno svolgendo a Treviso, Montebelluna, Castelfranco Veneto, Asolo e anche fuori provincia, a Bassano del Grappa. Hanno coinvolto 68 ragazzi dagli 8 ai 10 anni.

«Sono stati otto mesi intensi, con lezioni settimanali, in cui i ragazzi, per quanto riguarda il coding, hanno imparato, giocando e divertendosi, le basi di programmazione utilizzando Scratch, il software per la programmazione  a blocchi sviluppato dal MIT (Massachusetts Institute of Technology, ndr) – racconta Gloria Spagnolo, direttrice scientifica della Scuola (in foto) -. Per quanto riguarda la Robotica, tramite i kit MBot, hanno scoperto e utilizzato i tanti componenti del robot per sviluppare interazioni e giochi, imparando cosa è un sensore, un attuatore, come funziona il motore fino ad arrivare alle prime basi di programmazione.

Abbiamo fatto anche una full-immersion di due mesi anche sulla stampa 3D: utilizzando un software per la modellazione intuitivo e giocoso i ragazzi hanno imparato come creare un oggetto in tre dimensioni, progettando un file adatto alla stampa 3D. Hanno inoltre imparato come funziona una stampante e realizzato dei progetti e giocattoli da portare a casa!

In aprile e maggio il focus è l’elettronica e la fabbricazione digitale: utilizzando diverse tecniche, materiali e macchinari stanno scoprendo basi dell’elettronica e del mondo della fabbricazione digitale, costruendo delle piccole lampade con un circuito speciale».

Per Make and Play è dunque già tempo di bilanci.

Gloria Spagnolo, che bilancio fare dopo il primo anno di attività?

«Siamo molto soddisfatti, le famiglie hanno risposto bene, il che significa che abbiamo intercettato un bisogno diffuso: quello di dare ai ragazzi la possibilità di fare educazione digitale sul campo, sperimentandosi in prima persona. Le famiglie hanno capito che la tecnologia è un’opportunità di crescita per i loro figli, i quali, se imparano a dominarla, non saranno mai soggetti passivi e difficilmente finiranno imbambolati davanti ad un tablet o a una play station, che è l’incubo di ogni genitore».

Come stanno vivendo i ragazzi questo percorso?

«Sono ragazzi che hanno tanto bisogno di fare con le mani, di costruire, di montare e anche di rompere, se serve. Lo sperimentare direttamente fa parte del processo educativo impostato con la metodologia del learning by doing incoraggiata anche dal MIUR (Ministero dell’Istruzioni, dell’Università e della Ricerca, ndr): il concetto lo si apprende attraverso la prova pratica, a cui va aggiunto il lavoro in squadra.

Queste attività così impostate obbligano i ragazzi a confrontarsi con gli altri per trovare la soluzione, non a rimanere isolati davanti al gioco. La società oggi impone di saper usare le device digitali, specie ai più giovani. Usata per creare e costruire insieme agli altri la tecnologia perde ogni connotato di pericolo e nocività».

Su 68 allievi avete avuto solo 10 bambine. È un mondo ancora al maschile?

«La presenza femminile, per quanto ancora piccola numericamente, è di spessore: abbiamo bambine molto motivate che si trovano perfettamente a loro agio anche perché il team di educatrici è quasi esclusivamente donna».

Qual è in sintesi la mission della Scuola di Coding e Robotica? Cosa vi proponete?

«Il nostro obiettivo è dare la possibilità ai ragazzi di diventare protagonisti degli strumenti tecnologici e digitali del loro domani; vogliamo formare futuri adulti che non subiscano la tecnologia ma che la sappiano controllare e utilizzare per gli scopi che si prefiggono nella loro quotidianità. La tecnologia di per sé non è né buona né cattiva: come un coltello da cucina può essere utilizzato per preparare con amore un’ottima cena per i propri cari o per ferire, così la tecnologia va usata per scopi buoni, per creare un futuro migliore. Il primo passo per fare ciò è conoscere e condividere esperienza positive con gli altri. Che è ciò che proponiamo a nostri ragazzi e alle loro famiglie».

È un’esperienza che continuerà il prossimo anno?

«Certamente. Anzi, ci sarà qualche corso in più perché l’interesse delle famiglie sta crescendo intorno al progetto. Abbiamo l’intenzione di raddoppiare a Treviso e di triplicare Castelfranco. E valuteremo se ci sono le condizioni per avviare corsi in nuove sedi».

La Scuola, eccetto che a Bassano del Grappa, è ospitata nelle sedi della CNA. Che significato ha questa collaborazione con una realtà che si occupa di valorizzare e promuovere il fare artigiano?

«Le famiglie di artigiani sono le prime a sentire i nuovi bisogni sul fronte delle tecnologie digitali. Molti dei nostri allievi sono proprio figli di artigiani. Il contributo che sta dando la CNA, dimostrando fattivamente di credere e investire nelle nuove generazioni, è strategico per poter proporre alle famiglie una quota conveniente».

Francesca Nicastro


 

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