• La proroga degli aiuti di Stato: un autogol per il nostro Paese

    Il 20 novembre scorso, dopo le consultazioni con gli stati membri UE, la Commissione Europea ha annunciato di aver adottato la proroga al 30 giugno del 2024 delle regole straordinarie sugli aiuti di Stato stabilite al momento della guerra in Ucraina (ma già iniziate durante il periodo Covid), addirittura aumentandole in alcuni settori specifici (aiuti per coprire il periodo di riscaldamento  invernale e per compensare gli elevati prezzi dell’energia).

    Abbiamo assistito al plauso da parte dell’Esecutivo, convinto che – sono le parole della Premier – «questa decisione (…) consentirà al governo italiano di continuare a sostenere le imprese».

    Niente di più falso, purtroppo. La sospensione del divieto europeo agli aiuti di Stato danneggia il nostro Paese, che ha un alto indebitamento e alti interessi sul debito, poco gettito e dunque scarsa capacità di manovra fiscale. Invece, favorisce quei Paesi dell’UE che hanno bilanci più floridi e maggiore agibilità.

    Lo dimostrano i dati. Nel 2022 la Commissione Europea ha autorizzato 540 miliardi di euro complessivi di aiuti di Stato da parte dei 27 Paesi EU. Di questi, il 50% sono i denari che la Germania ha destinato alle sue imprese, e il 30% sono risorse della Francia. La percentuale italiana si è fermata al 4,7%.

    Di fatto, gli aiuti di Stato sono la negazione del mercato comune europeo, distorcono la concorrenza, e le imprese italiane sono quelle che ci rimettono di più.

    Quindi il nostro Governo dovrebbe essere in prima linea a chiedere il ripristino dello stop agli aiuti di Stato; invece è stato quello che – insieme a Slovenia, Austria, Lettonia e Romania – ha fatto più pressioni per la proroga, salutandone  l’annuncio in modo entusiastico.

    Altri numeri ci danno contezza del fenomeno. Di recente, Francia e Germania hanno annunciato misure shock di aiuti alle imprese che porteranno il costo dell’energia, nei rispettivi Paesi, a 70 euro/MWh.

    Questo, mentre le Pmi italiane stanno continuando a sopportare i costi energetici più elevati di Europa (a causa di una parafiscalità che incide per il 30%!): 130 euro/MWh (precisamente il PUN di dicembre 2023 è di 136 euro/MWh, quello di gennaio 2023 era stato di 173 euro/MWh!).

    È comprensibile che il gap di competitività che scontano le nostre imprese stia portando all’attuale ristagno economico.

    La soluzione è dunque quella di rafforzare il mercato unico, non di demolirlo, e di farlo attraverso grandi investimenti comuni sulla transizione energetica e su una politica energetica comune. 

     

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