2013, i desiderata delle donne: "Un Paese senza più femminicidi"

Il 2013 che vorremmo è certo con più crescita e meno crisi economica, più lavoro e meno disoccupati. Ma ancora di più lo sogniamo senza femminicidi. Sono stati 126 quest’anno in Italia, ben 2.061 dal 2000 al 2011, nel Paese che si fregia di essere “dell’amore” dove però ogni due-tre giorni una donna muore per mano di un uomo che, nella grande maggioranza dei casi, è a lei molto prossimo.

Il femminicidio, ovvero l’omicidio di genere, è in crescita: in tutta Europa, dagli inizi degli anni ’90 è sceso il numero di uccisioni degli uomini sugli uomini ed è invece aumentato quello sulle donne. Amartya Sen parla di “genocidio nascosto”.

La violenza di genere ha radici profonde nella società maschilista occidentale (così l’ha definita il Patriarca Moraglia nell’omelia di Natale), dove la predominanza del sesso maschile sul femminile è legittimata socialmente e dove ancor oggi, anno 2012, accade che un parroco non si accorga (ipotizzando la buona fede) di giustificare la violenza sulle donne quando le invita ad essere meno “provocanti”, come se il maschio non fosse in grado, per natura, di esercitare un desiderio sessuale controllato e responsabile.

Finché la parità tra gli uomini e le donne non sarà acquisita socialmente, diventando parte della nostra cultura, i femminicidi non si fermeranno.

La violenza sulle donne è però un costo per la comunità, erode il Pil e l’economia, oltre che l’equilibrio della società.

Auspichiamo che il prossimo parlamento affronti il tema a 360 gradi. Da un lato, mettendo in campo strumenti per arginare la violenza: l’Italia ha finalmente sottoscritto la Convenzione di Istanbul; serve ora un Piano nazionale contro la violenza.

Dall’altro, rimuovendo le cause di discriminazione nella vita sociale e civile che legittimano l’idea che l’uomo ha più valore della donna. Le leggi ci sono, vanno applicate e va sanzionato chi non le applica.

I nostri desiderata per il 2013 sono: più donne nelle istituzioni locali e nazionali (nel Parlamento italiano è donna solo il 18% dei componenti, siamo fanalino di coda in Europa), più donne nei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche e private, più occupazione femminile (il tasso italiano è del 47% contro la media europea del 58%), parità retributiva (le donne guadagnano il 9% in meno dei colleghi maschi nello stesso ruolo), sostegno anche economico alle donne che fanno figli (un Paese in calo demografico è destinato al declino, come ha sottolineato Monti nella conferenza stampa di fine anno), incentivi alle aziende che assumono donne.

Ma ci vorrebbero anche una nuova stagione iconografica (a cominciare dalla televisione pubblica) che valorizzi il corpo della donna, strappandolo al ruolo riduttivo di oggetto del desiderio sessuale maschile nelle sue forme più rapaci e banalizzanti, e un piano di educazione sentimentale e sessuale che coinvolga tutte le fasce d’età.

In questi due mesi scarsi di campagna elettorale ci piacerebbe che le formazioni politiche non trascurassero la questione femminile che, bisogna ribadirlo, non è disgiunta da quella economica: la salute della donna e la sua piena valorizzazione nella vita attiva della nazione sono anche fattori irrinunciabili di crescita economica e competitività.

Mariarosa Battan
Coordinatrice CNA Impresa Donna


 

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