Reportage. La missione istituzionale in Turchia

La Turchia: un Paese che cresce a ritmo serrato, insidiando il primato dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Il suo PIL nel 2010 ha segnato un +8,20% mentre L’Unione Europea cresceva di appena l’1,80% e gli Usa del 2,80%. Su quali presupposti e ricette poggia il boom? E quali opportunità offre per un’economia matura, a crescita zero, come quella italiana e trevigiana in particolare?

Una delegazione di imprenditori e dirigenti della CNA si è recata, dal 19 al 22 ottobre, in missione istituzionale a Istanbul, metropoli cosmopolita di oltre 15 milioni di abitanti, geograficamente a metà tra Europa e Asia, culla di molteplici civiltà succedutesi nei millenni che hanno lasciato stratificazioni nell’urbanistica e nella fisionomia delle sue genti.

Lo skyline di Istanbul è un ibrido conturbante che ricorda a tratti una grande città occidentale – New York, Londra, Berlino… – a tratti quella che è stata dal 1453 al 1923: la capitale dell’impero ottomano, l’avamposto più occidentale dell’Islam, la mezzaluna che per secoli ha minacciato le potenze cristiane.

Ad infilzarne il cielo si alternano i minareti sottili delle sue 3 mila moschee, testimoni di secoli di devozione ad Allah, e i grattacieli possenti del nuovo millennio, icone della sua inarrestabile corsa verso il futuro; nell’aria si mescolano gli odori antichi delle spezie, dei cibi cotti lungo le vie, con lo smog di auto e dolmus che ingorgano le strade caotiche, e dei battelli che solcano il Bosforo per collegare, instancabili, le sponde occidentale e orientale. Le preghiere del muezzin, cinque volte al giorno, scandite da tutte le moschee all’unisono, penetrano fin dentro i centri commerciali, ancora più sfrontati dei nostri per magnificenza architettonica e offerta commerciale. Impeccabili uomini d’affari e altrettanto impeccabili poveracci che frugano nella spazzatura. Negozi all’avanguardia e bottegucce retrò.

Istanbul è davvero una contraddizione costante, mozzafiato, un viaggio incessante tra presente e passato, una promessa di futuro. Il suo è un caos totale (ma per niente illogico) che attraversa la dimensione spaziale e quella temporale, non dà tregua ai sensi, fa slittare certezze. Istanbul è qualcosa di più. Bisogna lasciarsi andare, catturare dal suo flusso magnetico, per tentare di comprenderla, astenersi dal giudicarla.  

Istiklal caddesi, quartiere Pera oggi Beyo?lu, un tempo era il cuore elegante ed europeo, con i palazzi in stile liberty, le residenze dei diplomatici occidentali, i raffinati caffè frequentati da scrittori e intellettuali. Oggi è la migliore rappresentazione della potenza demografica turca, che è uno dei pilastri della crescita economica del Paese: un fiume di giovani e giovanissimi la solca appena scende il buio. Nella strade laterali, ingorghi di locali, festa e musica. L’età media, in Turchia, è di 28 anni. In Italia di 43.

Giovedì 20 ottobre, ore 10. Ospiti del Kosgeb

Quello con il Kosgeb, l’organizzazione del Ministero dell’Industria e del Commercio che supporta le PMI nello sviluppo tramite investimenti a fondo perduto su progetti di innovazione tecnologica e/o gestionale, è stato il primo degli appuntamenti con istituzioni ed associazioni turche organizzato da Treviso Glocal per la delegazione CNA. «L’obiettivo della Turchia è di diventare, nel 2023, la 10ª economia del mondo» è la premessa che hanno fatto, presentando la loro attività, i funzionari del Kosgeb. Oggi il Paese occupa il 17° posto nel mondo, il 7° in Europa.

Idee chiare, dunque, e una road map precisa. E un’altra consapevolezza: «Per raggiungere il nostro obiettivo di crescita abbiamo tempo fino al 2040, dopo quella data il vento non ci sosterrà più. Abbiamo davanti 30 anni molto produttivi e dobbiamo approfittare di questi per diventare un Paese sviluppato» ha puntualizzato il responsabile del centro, Serhat Ozturk.  

 

L’incontro è stato utile, innanzitutto, per farsi un’idea precisa delle caratteristiche del tessuto produttivo turco, molto simile per dimensione alle imprese del nostro territorio. Il dato comune è la prevalenza delle piccole e medie imprese: le aziende che hanno meno di 250 lavoratori e un fatturato inferiore ai 25 milioni di lire turche (10 milioni di euro) sono 3.477.392 (il 99,76%) contro 8.257 (lo 0,24%) delle grandi. Il 60% dell’Iva viene prodotta dalle PMI, ad esse si devono il 70% delle vendite, il 60% degli investimenti e il 56% delle esportazioni.

Diverso, invece, da quello italiano è il peso dei diversi settori in cui operano le piccole e medie imprese del Paese anatolico, delle quali solo il 12,6% sono manifatturiere, mentre l’83,9% opera nei servizi e nel commercio (compresi turismo e ristorazione), il 3,5% sta sotto la voce “altro” (energia, metallurgia, altri servizi). Di conseguenza l’occupazione è così suddivisa: 24,8% nel manifatturiero, 67,7% nei servizi e nel commercio, il 7,5% in “altro”.

I problemi delle PMI turche assomigliano invece moltissimo a quelli delle nostre aziende: riguardano il management e l’organizzazione, la (sotto)dimensione, l’accesso al credito e ai finanziamenti, gli scarsi investimenti in innovazione, la poca qualificazione delle risorse umane.

Il Kosgeb, fondato nel 1990 a seguito di una legge dello Stato, interviene per dare un contributo alla soluzione di queste criticità “per incrementare l’efficienza delle PMI e prepararle ai mercati globali”.

Dalla sua nascita, l’organizzazione, che conta oggi su 750 specialisti impiegati 81 centri distribuiti nel Paese, ha assistito oltre 600 mila imprese. In questo momento il centro di Istanbul che ha accolto la delegazione CNA (ce ne sono altri tre) sta seguendo 60 progetti. Da quando è stato avviato, nel 1991, ha dato supporto a 600 imprese. Attualmente le richieste depositate sono 110, di cui il 75% ha già avuto risposta.

Forse perché è stata la prima organizzazione visitata, ma la giovane funzionaria del Kosgeb, Lale Alpkaya, 31 anni, una laurea ad Ankara in Business & Administration, è stata tempestata di domande, sia sulla realtà economica turca che sul funzionamento dell’ente e i criteri per l’erogazioni di aiuti, per capire similitudini e differenze. In Italia infatti non c’è nulla di analogo al Kosgeb e i finanziamenti a fondo perduto per lo sviluppo sono un ricordo lontano.

Per saperne di più sull’organizzazione, il suo sito internet è: www.kosgeb.gov.tr

Giovedì 20 ottobre, ore 14.00
Ospiti di Deik (Foreign economic relations board)

Pausa pranzo in un centro commerciale futuristico nel cuore della Istanbul degli affari, il distretto di ?i?li nella European side, a nord del Corno d’Oro. Poi la delegazione CNA ha raggiunto la sede di Deik, un’istituzione privata con associate 33 organizzazioni, che si occupa delle relazioni con l’estero.

L’accoglienza è sempre squisita: in Turchia le riunioni prevedono un giro di cay (thè) accompagnato da pasticcini dolci e salati.

Deik nasce nel 1988. Il suo obiettivo è lo sviluppo delle relazioni economiche, commerciali, industriali e finanziarie della Turchia con i Paesi esteri per integrare sempre di più l’economia turca in quella globale. Deik lavora per attrarre investimenti esteri e per segnalare agli imprenditori turchi opportunità di affari fuori confine.

È organizzata in 103 consigli bilaterali dell’economia, di cui 24 con Paesi europei. Il Consiglio italo-turco è  presieduto da una giovane donna: Asli Cora.

L’obiettivo delle classi dirigenti della Turchia è entrare al più presto nell’Unione Europea (alla gente comune invece l’idea piace molto meno). «Nei negoziati con l’Unione Europea sappiamo che l’Italia ci sta dando un grande supporto, i rapporti politici tra i nostri due Stati sono buoni» ha detto Cafer Sait Okray, vicepresidente di Deik, alla delegazione trevigiana che si è resa disponibile ad ospitare una delegazione di imprenditori turchi e farle conoscere l’economia e il territorio della Marca.

L’Italia, del resto, è il 4° partner commerciale della Turchia. Le nostre esportazioni riguardano soprattutto la meccanica strumentale (22,8%), gli autoveicoli e altri mezzi di trasporto (14,5%), la metallurgia e i prodotti in metallo (11,7%). Nel 2010, il tasso di crescita dell’export italiano complessivo verso il Paese è risultato pari al 24,1%, a fronte di una contrazione della stessa percentuale nel 2009.

Ancora: l’Italia è, per la Turchia, il 5° investitore su scala mondiale. Nel Paese sono attivi più di 800 aziende e gruppi italiani (le aziende tedesche sono però 5 mila). Le grandi companies italiane sono Enel, Edison, Eni, Finmeccanica, Fiat, Pirelli, Unicredit, Ferrero, Astaldi, Costa Crociere, Italcementi, Salini, Prysmian. Solo per citarne alcune.

«Consideriamo l’investimento estero alla stregua di quello turco – ha aggiunto il vicepresidente di Deik – e abbiamo diminuito molto la burocrazia, tanto che ci vogliono solo 3-4 giorni per avviare un’impresa». Fosse vero sarebbe una grande lezione per l’Italia dove, in tema di sburocratizzazione degli adempimenti, alla propaganda non sono mai seguiti i fatti, e i costi che un’impresa sostiene per la spesa della burocrazia sono elevatissimi.  

Questi dati spiegano meglio di qualunque ragionamento perché la CNA abbia scelto come meta della sua missione 2011 proprio la Turchia e la sua città più rappresentativa, quella che meglio esprime le tensioni, le aspirazioni, le contraddizioni di un Paese destinato a diventare presto una delle più grandi potenze industriali del mondo.  

Per ulteriori informazioni: www.deik.org.tr

Giovedì 20 ottobre, ore 16.00
Incontro con l’ICE (Istituto per il Commercio Estero)

L’ICE, l’Istituto per il Commercio Estero, è un ente formalmente soppresso. A decretarne la fine è stata la legge 111 del 15 luglio scorso (anche se sono già allo studio soluzioni governative per resuscitarlo sotto altro nome). E l’aria che si respira nella sede istanbulina dell’ICE, quartiere di Harbiye, è di disorientamento e rassegnazione.

«La soppressione, avvenuta senza periodo transitorio, ha di fatto paralizzato l’attività – ha lamentato il direttore Ferdinando Pastore – siamo riusciti a portare avanti solo l’attività convegnistica e di promozione, come la partecipazione a fiere, approvata prima di quella data». Il funzionario ha precisato che «da quattro mesi lo Stato italiano ha solo costi perché l’operatività dell’ICE è praticamente ferma». E ci ha tenuto a far sapere che in un’indagine sull’efficienza delle strutture pubbliche, presentata a Roma il 18 settembre scorso, l’ICE risulterebbe il primo ente pubblico per virtuosità, efficienza ed economicità.

Dopo le questioni “interne”, quelle “estere”.

«In appena 10 anni la Turchia è passata da un’economia disastrata a una virtuosa – ha spiegato Pastore -. Anche nel 2011 il tasso di crescita è molto elevato, + 11% nel primo trimestre, +8% nel secondo, con una media annua che si prevede del +5%. I pilastri su cui si fonda lo sviluppo sono la crescita economica, la stabilità politica e il controllo dell’inflazione».

Nel 2001 la Turchia scontò una crisi economico-finanziaria pesantissima, l’ultima di una serie di cicli negativi. Il PIL crollò a -10%, l’inflazione schizzò al 70% e il debito pubblico toccò il 90% del PIL. Il Paese sfiorò la bancarotta. Molte imprese portarono i libri in tribunale e fallirono 15 tra gli istituti di credito più importanti. Dalla ristrutturazione che ne seguì, il Paese uscì più forte, lo Stato si tolse dall’economia, dalla partecipazione nelle banche e nelle grandi infrastrutture. «Le massicce privatizzazioni hanno aiutato molto il sistema a ripartire» ha commentato il direttore dell’ICE. L’economia turca è oggi caratterizzata da una grande apertura e recettività.

«In Turchia non si annunciano opere che poi non si fanno, come da noi con il Ponte sullo Stretto – ha infine aggiunto -. Tra due anni il tunnel sottomarino sotto il mar di Marmara a collegamento delle sponde occidentale ed orientale sarà pronto, così come il nuovo ponte sul Bosforo e il terzo sul Corno D’Oro». Una tempistica del tutto diversa da quella di casa nostra che poggia evidentemente su una mentalità più teutonica che italica.

C’è invece una consonanza nei livelli molto elevati del PIL sommerso che caratterizzano sia la Turchia che il Belpaese: il nero anatolico vale 40% del PIL, il nero italiano il 20% circa. E, ancora, nei salari molto bassi, fatte le debite proporzioni con il costo delle vita. Il salario minimo di un operaio in Turchia è di 400 euro. 

Info: www.ice.gov.it/paesi/europa/turchia/index.htm

Venerdì 21 ottobre, ore 10.00. Incontro con le imprenditrici di Kagider

Venerdì mattina la delegazione CNA si è divisa. Un gruppo ristretto ha incontrato i responsabili della divisione di Yapikredi, che hanno illustrato le finalità e le modalità operative della banca del gruppo Unicredit in Turchia, e quali sono i supporti finanziari offerti alle imprese che lì internazionalizzano. La maggior parte dei componenti della delegazione, invece, con in testa la presidente di CNA Impresa Donna Catia Olivetto e la sua coordinatrice Mariarosa Battan, si è recata in visita a Kagider, associazione di imprenditrici turche, che ha una mission e una progettualità molto simile all’associazione trevigiana.

Le assonanze sono state talmente forti che le rappresentati di CNA Impresa Donna e Kagider hanno deciso di sottoscrivere un protocollo di collaborazione e mettere in campo a breve progetti da fare insieme.

Kagider è stata fondata nel 2002 da 37 donne che hanno avuto successo come imprenditrici (in foto qui a lato la presidente Gülden Türktan). Attualmente i membri sono 228 (la maggior parte attive in comunicazione, PR, pubblicità). Kagider è nata “per dare un supporto allo sviluppo dell’imprenditorialità in rosa e rendere la donna turca economicamente e socialmente più forte”.

Il tasso di occupazione femminile in Turchia è ancora basso: lavora solo il 24% delle donne, circa 6,5 milioni (in Italia è del 46%, in Veneto del 54%, nella Marca Trevigiana del 59%, comunque ancora lontani dall’obiettivo di Lisbona 2020 del 75%). Degli iscritti alla Camera di Commercio sono donne solo il 6%. Eppure le donne studiano: all’università le studentesse sono il 44% del totale (anno 2009/2010). Lo scoglio dunque è il mercato del lavoro. Manca infatti una rete di servizi sociali che supporti la donna lavoratrice, a cominciare dagli asili, quelli pubblici insufficienti, quelli privati costosi. L’analfabetismo femminile, concentrato nelle vaste zone rurali dell’interno, è ancora elevato: il 12% delle donne non sa né leggere né scrivere.

Tra le attività del Kagider, ci sono: la tutela delle donne, la formazione per lo sviluppo delle abilità di leadership e l’imprenditorialità, le campagne di informazione e sensibilizzazione, l’attività di lobbying nei confronti del governo, la sensibilizzazione sulle pari opportunità nelle aziende, la realizzazione di progetti con organizzazioni non governative e con l’Unione Europea.

Il rapporto con Kagider darà presto buoni frutti. Le imprenditrici, di qualunque latitudine, sono concrete e hanno voglia (e bisogno) di fare rete, scambiare idee, immaginare e costruire insieme un mondo senza discriminazioni di genere, in cui la donna possa esplicare fino in fondo le sue potenzialità nel segno della libertà e dell’uguaglianza.

Il sito di Kagider: www.kagider.org

Venerdì 21 ottobre, ore 11.30
Incontro con l’ITO, la Camera dell’Industria di Istanbul

Ultima tappa del tour istituzionale della CNA trevigiana: l’ITO, la Camera dell’Industria di Istanbul, che ha sede in un bel palazzo di Galata, dal cui ultimo piano, dove c’è la sala riunioni, si gode una vista magnifica sul Corno d’Oro. Questo ente non governativo fondato per legge è un ibrido tra una Camera di Commercio e un’associazione di categoria e associa sia grandi imprese che medio-piccole. In Turchia ci sono 365 Camere dell’Industria in tutto il territorio. La ITO di Istanbul, nata nel 1952, ha oltre 15 mila membri. Ne fanno parte il 42% delle 500 industrie più grandi del Paese, ma il 97% dei soci sono piccole e medie imprese. L’Iva prodotta si deve al 40% ai suoi membri, i quali realizzano un terzo delle esportazioni totali del Paese.

La missione di ITO è “aumentare la competitività dell’industria e contribuire allo sviluppo economico del Paese”. Operativamente, danno consulenza alle imprese, organizzano corsi, forniscono informazioni.

Ad accogliere la delegazione CNA è stato il segretario generale Haktan Akin.

La funzionaria che segue i rapporti con i Paesi dell’Unione europea, con l’Italia in particolare, ha invitato gli imprenditori italiani a lasciare la Cina e a venire a produrre in Turchia. Se il costo del lavoro è più alto, la professionalità dei lavoratori e la qualità delle lavorazioni è senz’altro garantita. «La Cina è lontana – ha detto – la Turchia è più vicina».

Studi, ricerche e indagini dell’ITO sono un punto di riferimento molto noto e apprezzato.

Il sito internet della Camera dell’Industria di www.ito.org.tr

Un po’ di relax… E visite alla città….

Il venerdì pomeriggio, accompagnati dalla brava e paziente guida Nur (nome turco di donna che significa “luce”), il programma prevedeva la visita guidata alla città. Le mete sono state quelle tradizionali e imperdibili: la Moschea Blu e Santa Sofia, l’ippodromo e la cisterna sommersa con le boccheggianti enormi carpe e, naturalmente, il Gran Bazar, pieno di cineserie e qualche buon affare.

Una parte della delegazione, sabato mattina, ha voluto non perdere la visita a Topkapi, il palazzo dei sultani, con la ricchissima collezione di gioielli, e le viste mozzafiato sul Corno d’Oro, sul Bosforo e sul Mar di Marmara.

Ma le occasioni per conoscere la città sono state diverse, nei ritagli di tempo tra un impegno istituzionale e l’altro, al netto dei trasferimenti via pulmino. Mercoledì sera, prima della cena in un ristorante sotto il ponte di Galata, il gruppo è salito sulla omonima Torre, rotondo avamposto genovese dal XIII secolo, eretta già nel 528 dal re di Bisanzio, che domina da secoli il Golden Horn e dalla cui sommità si gode una magnifica vista a 360 gradi sulla città.

Giovedì nel tardo pomeriggio le sei donne della delegazione trevigiana hanno lasciato i colleghi uomini in albergo (a meditare sul da farsi) e si sono avventurate nel quartiere dei Bazar attraversando a piedi il mercato delle spezie, con i suoi colori e odori caratteristici, e il rione commerciale di Tahtakale. Hanno visitato la Rüstem Pa?a Camii, piccola graziosa moschea, oasi di pace nascosta tra i vicoli chiassosi, decorata con le piastrelle di Iznik dal caratteristico colore turchese. Poi, con un po’ di fatica, sono salite fino a raggiungere la Süleymaniye Camii, la più spettacolare moschea della città dopo la Blu, ritenuta la massima espressione del genio artistico di Mimar Sinan, il più celebre degli architetti dell’impero. Situata su uno dei sette colli di Istanbul, la Süleymaniye Camii domina il Corno d’Oro ed è visibile da molti punti della città. Il complesso ospita le tombe di Solimano il Magnifico, che la commissionò e di cui porta il nome, e della moglie Rosselana. 

Ogni sera, appuntamento con l’immancabile vasca lungo Istiklal caddesi. A stupirsi di quanti giovani… Quanti. E a cercare di individuare il ristorante più acconcio, possibilmente quello che non neghi le birre agli avventori (la Turchia è un paese musulmano e non tutti i locali hanno la licenza per vendere alcolici), ché quando sei dentro ormai sei fregato e non puoi uscire alla chetichella (in sedici non ci si riesce proprio), ché senza un buon boccale di birra il kebab, oggettivamente, rimane sul gozzo, e Giovanni poi è scontento e non racconta più barzellette fino a quando, dopo, non si riesce a recuperare una bottiglia di cabernet (turco), ed ecco che torna il buon umore… 

Istanbul è un luogo che si radica dentro e richiama a sé con pazienza costante. È la promessa del ritorno, racchiusa nella monetina fatta scivolare, senza farsi vedere dagli altri, sotto la testa (in giù) della Medusa, che regge da secoli una delle 336 colonne della cisterna bizantina e continua imperterrita a guardare il mondo all’incontrario, e dal suo un originale punto di vista ricorda a chi passa – i migliaia di cittadini del mondo – che ogni viaggio è una conquista solo se rinnova lo sguardo. Su sé stessi, sugli altri, sulla vita.


 

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