Obiettivo: un nido-famiglia in ogni Comune della Marca.

Per le lavoratrici e imprenditrici italiane (e le trevigiane non fanno eccezione) conciliare lavoro e famiglia è un’impresa. Manca nelle aziende, e nella società, la consapevolezza del valore del lavoro femminile e la capacità di mettere le donne nelle condizioni di non dover scegliere tra realizzazione professionale e famigliare. Mancano sul territorio servizi all’infanzia in numero sufficiente, e a costi accessibili, per supportare adeguatamente le famiglie con donne lavoratrici, a qualunque ceto sociale appartengano.

Questi sono deficit tutti italiani: in Italia lavoro e maternità sono infatti più inconciliabili che in qualsiasi altro Paese europeo, comprese Spagna e Grecia, con un tasso di abbandono del lavoro, dopo la nascita di un figlio, del 27%.

Qualche dato dà l’idea della consistenza del gap che scontano l’Italia e il nostro territorio.

Nel nostro Paese lavorano 46 donne su 100, contro la media dei paesi UE di 58. Il tasso di occupazione maschile è invece di 68,6%.

Tra le regioni del Nord Italia, il Veneto è quella che ha un tasso di occupazione femminile più basso: 53,9%, contro il 56,5% del Piemonte, il 59,2% della Valle d’Aosta, il 56,1% della Lombardia, il 54,1% del Friuli-Venezia Giulia, il 54,9% della Liguria, il 61,5% dell’Emilia-Romagna (dati 2009, fonte Istat). Se ci si sposta in Centro Italia, sopra il Veneto troviamo la Toscana (55,4%) e le Marche (55,4%).

In questo quadro la Marca Trevigiana non fa eccezione. Sebbene il tasso di attività femminile sia del 59,4%, più alto della media nazionale e regionale, è ancora lontano dagli obiettivi di Lisbona 2020 (75% di occupazione sia maschile che femminile, tra i 20 e i 64 anni) e dell’attuale tasso di occupazione maschile della stessa provincia di Treviso (70,3%). Il piano strategico provinciale, del resto, considera il tasso di occupazione femminile della provincia di Treviso uno dei punti di debolezza del nostro territorio.

Il tasso di attività femminile, è noto, è strettamente legato alla qualità e quantità dei servizi offerti alla famiglia. E la conquista dell’effettiva parità tra uomo e donna, come si afferma nel “Codice per le pari opportunità tra uomo e donna” del 2006, passa attraverso la piena realizzazione del diritto al lavoro.

Per contribuire a rendere più facile la vita delle donne lavoratrici, CNA Impresa Donna di Treviso ha firmato un protocollo di intesa con la cooperativa sociale “Idea” con l’obiettivo di facilitare la nascita nel territorio di nuovi nidi famiglia, uno dei servizi all’infanzia più innovativi e flessibili, che hanno anche il merito di incrementare l’occupazione femminile.

I nidi famiglia sono stati istituiti dalla Regione Veneto con DGR 674/2008. Possono ospitare fino a sei bambini, di età compresa tra gli 0 e i 36 mesi, per fascia oraria. Nella Marca Trevigiana attualmente sono  61. Un numero più elevato, anche in rapporto agli abitanti, delle altre province venete (BL 3, PD 31, RO 6, VE 46, VR 52, VI 16), ma ancora non sufficiente a coprire il fabbisogno delle famiglie.

Con questo accordo CNA Impresa Donna, insieme ai suoi partner, punta a far aprire un nido famiglia almeno in ogni Comune della Marca Trevigiana.

In concreto, con la firma del protocollo CNA Impresa Donna si è impegnata a individuare, attraverso le reti attive dell’associazione, figure idonee al servizio (“mamme di giorno”, così si chiamano le titolari di un nido famiglia), che abbiano cioè voglia di aprire, presso la propria abitazione, un nido famiglia specialmente in quelle aree della provincia di Treviso dove il servizio è maggiormente richiesto. Inoltre promuoverà presso i propri soci e sul territorio i servizi nati dall’intesa e li supporterà, se richiesto, con i servizi delle proprie strutture.

«CNA Impresa Donna ha un ruolo di ascolto delle problematiche che le donne imprenditrici e lavoratrici hanno nel nostro territorio e di realizzazione di progetti concreti per rispondere ai bisogni individuati – afferma Catia Olivetto, presidente dell’associazione -. La firma di questo protocollo si configura come una risposta alle specifiche necessità delle donne lavoratrici di avere più servizi all’infanzia per poter conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari».

 


 

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