Bene le misure di spending review ma NO ai tagli lineari ai Comuni

Spending review, il Governo sembra andare nella direzione auspicata. Lo pensa la CNA di Treviso che chiede da tempo tagli consistenti e strutturali alla spesa pubblica, il moloc che attualmente divora oltre il 52% del Prodotto Interno Lordo del Paese, alimentando deficit e di conseguenza il fardello del debito pubblico.

«È un ammontare di spesa che non possiamo più permetterci, a fronte di un PIL in decrescita e di un sistema economico che non aumenta di produttività da almeno 15 anni – afferma Alfonso Lorenzetto, presidente della CNA provinciale di Treviso – . I tagli di spesa sono una medicina molto amara, che non sarà indolore per la coesione sociale, ma è una strada obbligata: solo alleggerendo la spesa pubblica, dove si annidano ancora tanti sprechi e che ha margini di riqualificazione enormi, potremo dare un futuro al Paese, liberando risorse per la crescita».

La CNA chiede però che i tagli agli enti locali, ai Comuni soprattutto, non siano lineari. Verrebbero penalizzati, infatti, i Comuni trevigiani, che hanno una spesa storica già molto sotto la media nazionale, e che hanno i bilanci già ridotti all’osso. E, come al solito, la fetta più grande della torta dei sacrifici sembra spettare proprio agli enti locali.

«I tagli devono essere chirurgici, colpire gli enti spreconi o elefantiaci, come la Regione Sicilia che, come denuncia oggi il Corriere, ha più dipendenti del Governo inglese e un numero di dirigenti solo di poco inferiore – conclude il presidente della CNA -. I nostri Comuni dovranno fare anch’essi, come sempre, la loro parte accorpandosi e gestendo in maniera associata i servizi per razionalizzare sempre di più le spese di gestione ma secondo un criterio di equità e di pari dignità con tutti gli enti locali della Penisola. Il nostro auspicio è che il criterio adottato per i tagli agli enti sia quello dei costi standard in modo da intervenire chirurgicamente là dove ci sono sprechi senza penalizzare ulteriormente le realtà dove si è sempre amministrato con coscienza e saggezza».

Per la CNA i risparmi strutturali di spesa, oltre ad alleggerire il debito pubblico, devono essere investiti nella crescita del Paese, cominciando a ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro.

La posizione di RETE Imprese Italia nazionale:

SPENDING REVIEW

RETE IMPRESE ITALIA:
“AVANTI TUTTA CON TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA”

“Avanti con decisione sulla strada di una coraggiosa e progressiva riduzione della spesa pubblica. C’è ancora tanto da fare per evitare altri insopportabili aumenti di pressione fiscale e per recuperare risorse da destinare alla crescita”.

Cosi Giorgio Guerrini, Presidente di Rete Imprese Italia, esorta il Governo a proseguire nel percorso intrapreso con i positivi provvedimenti sulla spending review varati oggi e invita l'Esecutivo ad intensificare l’impegno per ridurre sprechi e inefficienze.

“Non ci si può fermare. La spesa pubblica – sottolinea Guerrini – vale 809 miliardi, equivalente a metà del PIL, e dal 2000 al 2102 è aumentata di 250 miliardi, pari a 5,1 punti di PIL. Nello stesso periodo la Germania ha ridotto la spesa corrente primaria di 0,6 punti di PIL. Se l’Italia avesse seguito l’esempio tedesco avremmo risparmiato 18,4 miliardi l’anno”.

Il Presidente Guerrini ricorda che sono tanti gli ambiti sui quali agire per risparmiare risorse pubbliche. “Basti dire che, in Italia, tra il 2001 e il 2011 la spesa pubblica per beni e servizi è aumentata del 35,1%”.

Secondo Rete Imprese Italia “non c’è alternativa: la strada obbligata per recuperare competitività consiste nel recupero di evasione ed elusione e nel tagliare spesa pubblica, semplificare e razionalizzare il funzionamento della Pubblica Amministrazione. In questo modo si potrà anche ridurre l’enorme carico di 23 miliardi che ogni anno le imprese italiane devono sacrificare a causa dell’inefficienza della burocrazia italiana”.

“E’, però, necessario – prosegue Rete Imprese Italia – procedere con determinazione nell’impegno di “bonifica” della spesa pubblica. Perché, dopo il rinvio della questione al luglio del 2013, va fatto di tutto, da qui ad allora, per derubricare definitivamente il tema del ricorso ad ulteriori aumenti dell’IVA. Proprio l’esperienza dell’incremento dell’aliquota standard dal 20% al 21% ha confermato, del resto, la profondità dell’impatto degli inasprimenti dell’IVA su una domanda interna ormai debolissima. Una domanda interna che, invece, va urgentemente rimessa in moto per contrastare la recessione e per accelerare il ritorno alla crescita”.

“Occorrerà, comunque – conclude la nota – un’analisi dettagliata delle ricadute e dell’effettiva rilevanza delle misure assunte. Quanto alla centralizzazione degli acquisti di beni e servizi, andrà poi assicurata l’effettiva agibilità dell’offerta delle piccole e medie imprese, a tutto vantaggio di una reale concorrenzialità”.


 

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