Lettera aperta della CNA ai candidati a governatore del Veneto

Domenica 31 maggio si rinnova il Consiglio regionale del Veneto.

La CNA, con una lettera aperta, si rivolge ai cinque candidati alla carica di presidente della giunta regionale per esporre le ragioni della piccola e media impresa e delle professioni, ossatura del sistema economico veneto.

La lettera è firmata dal presidente della CNA regionale Alessandro Conte, già presidente della CNA provinciale di Treviso.

 

Distinti signori candidati,

siamo certi che non vi sfugga che la prossima legislatura regionale sarà particolarmente importante e cruciale per le sorti della nostra regione.

Stiamo, infatti, uscendo, seppure con grandi difficoltà e incertezze, dalla più lunga crisi che il Veneto e l’Italia hanno vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale e che, si voglia o meno, ha lasciato un segno di netta discontinuità rispetto ai decenni precedenti.

Di fronte a tutti i protagonisti della vita economica e sociale veneta, ma anche a Voi, sta un compito difficile e importante: quello di avviare una fase nuova, di recuperare la forte perdita di competitività che la nostra regione ha subito rispetto a molte altre regioni europee, di ripensare radicalmente il suo modello di sviluppo, di riprendere un ruolo di traino per l’intero paese mettendo da parte ogni inutile tentativo di rifugio nell’isolazionismo.

In questo momento di confronto alto sulle diverse strategie per affrontare il futuro della nostra regione, la Cna del Veneto vuole dare un contributo di riflessioni e di proposte senza la pretesa di affrontare tutte le problematiche che sono aperte, ma possibilmente concentrando la nostra e la Vostra attenzione su alcuni punti che giudichiamo prioritari.

Sarebbe troppo lungo e fuorviante indicare la lunga lista dei problemi con i quali le imprese devono fare i conti, sia direttamente sia indirettamente, sia regionali sia nazionali, e perciò abbiamo preferito sottolineare l’importanza di alcuni concetti-chiave che possono
diventare linee-guida della politica regionale dei prossimi cinque anni.

La profondità della crisi e i vincoli strutturali

Anche se la nostra regione ha dimostrato di aver saputo “tenere” meglio di tante altre regioni italiane, tuttavia i colpi che sono stati inferti al nostro tessuto economico sono stati pesanti e riassorbibili solo in tempi medio-lunghi. Tra il 2007 e il 2014 sono state perse 18.000 imprese, di cui 12.000 nel solo settore manifatturiero, la disoccupazione è più che raddoppiata arrivando al 7,5 %, gli investimenti si sono ridotti del 24%, il PIL è diminuito del 9,5%, il valore aggiunto delle costruzioni è diminuito del 35,5%, la competitività del Veneto è scesa al 158° posto su 262 regioni europee.

L’entità di questi dati fa capire che la crisi di questi anni non può essere considerata solo come una parentesi congiunturale, ma essa ha messo radicalmente in discussione il modello di sviluppo spontaneo e diffuso che ha caratterizzato la nostra economia.

Nessuno può illudersi che ora, con il primo timido manifestarsi di alcuni segnali di ripresa, si possa riprendere a crescere con le stesse modalità verificatesi dagli anni 70 in poi.

E’ dunque ineludibile e urgente ripensare la specificità di quel modello alla luce soprattutto delle sfide della globalizzazione dell’economia, della diffusione delle nuove tecnologie sia informatiche sia scientifiche, della crescente integrazione del mercato europeo e della sua apertura ai paesi dell’Est europeo, della stessa diffusa consapevolezza dell’enorme spreco di risorse territoriali e ambientali che quello sviluppo
ha prodotto.

In questo senso il Veneto nei prossimi anni è chiamato dai fatti a compiere una profonda svolta, a costruire una nuova prospettiva di crescita e di sviluppo, contando sulle grandi risorse di cui ancora dispone, ma sapendo anche superare con coraggio e determinazione uno dei vincoli più gravosi che pesano sull’economia, sulla società e sul sistema istituzionale: l’esasperato localismo, la frammentazione istituzionale, l’incapacità di fare squadra. Ciò vale non solo per il sistema delle autonomie locali, ma anche per le autonomie funzionali e le società strumentali, per il sistema delle utility, per il sistema bancario, per le Università, per lo stesso sistema delle rappresentanze sociali e
imprenditoriali. Se in altri momenti della recente storia veneta il protagonismo dei molti attori territoriali è stato una carta vincente, un potente fattore di stimolo e di moltiplicazione delle iniziative economiche e sociali, la sua immutata permanenza anche oggi è diventata
un freno e un pesante condizionamento.

In questo contesto di grande cambiamento è pienamente coinvolta anche, e per certi aspetti soprattutto, la piccola e micro impresa e in particolare l’impresa artigiana. Anche tra le imprese artigiane, pur in presenza di una notevole capacità di resistenza,
grazie soprattutto alla loro forte flessibilità, tuttavia le perdite sia nel numero delle imprese che dei loro addetti sono state pesanti: – 13.926 imprese e circa – 40.500 dipendenti dal 2007 al 2014.

Anche se la composizione interna dei vari settori ha subito cambiamenti e trasformazioni (rafforzamento ad esempio di tutto il comparto dei servizi alle imprese e alle persone), tuttavia sia il settore manifatturiero sia quello delle costruzioni hanno registrato pesanti ridimensionamenti.

Anche da questi dati emerge, dunque, chiaramente che una lunga fase di crescita in modo spontaneo del sistema delle piccole imprese che aveva costituito la caratteristica fondamentale del sistema imprenditoriale veneto si è esaurita. L’esaltazione acritica del “piccolo è bello”, del “far da sé”, del semplice “saper fare”, oggi non regge più e dunque diventa quanto mai urgente e necessario ripensare ai presupposti fondamentali su cui può reggersi e riprendere a crescere tutto il sistema della piccola impresa.

Tre grandi opportunità

1) Il nuovo triangolo del nord

Malgrado la profondità della crisi degli ultimi 7 anni, tuttavia non vanno sottovalutate alcune novità e alcuni fattori che si sono manifestati e che costituiscono preziose opportunità da cogliere e da valorizzare.

Innanzitutto l’apertura dei mercati dell’est europeo e la crescita dell’integrazione dell’economia del Nord Italia con quelle dell’Europa centro-settentrionale grazie all’adozione della moneta unica, hanno prodotto uno spostamento abbastanza netto del baricentro economico  produttivo italiano dalle regioni del Nordovest a quelle del Nordest: il nuovo triangolo Veneto, Emilia Romagna, Lombardia è diventato nei fatti il driver decisivo per la crescita dell’intero paese.

Vive in queste regioni quasi il 32% della popolazione italiana cresciuta negli ultimi decenni del 14,4% rispetto al 9,8% dell’intero paese; operano in quest’area il 32% delle imprese italiane; lavorano oltre il 37% degli occupati italiani; viene prodotto il 40% del PIL italiano, si realizza il 54% delle esportazioni nazionali.

Di tale importante novità nello scenario geo-economico italiano non c’è ancora sufficiente consapevolezza, né a livello nazionale né nei governi ragionali interessati. Il fatto che quest’area sia pienamente integrata dal punto di vista economico con le principali
regioni transalpine sia a nord sia a est costituisce un’opportunità che va colta con decisione e tradotta in scelte politiche comuni delle tre Regioni: si pensi alle infrastrutture (ferrovie, autostrade, aeroporti, porti, reti telematiche), ai centri della ricerca e delle
Università, alle politiche per l’export, alle aggregazioni nel sistema bancario e tra le società finanziarie.

L’occasione della programmazione e dell’uso delle prossime risorse europee FESR e FSE del periodo 2014/2020 può diventare importante per realizzare uno stretto coordinamento tra le tre Regioni.

2) Una regione integrata nei mercati europei e internazionali

La seconda opportunità, che si è manifestata con ancor maggior forza proprio nel corso della crisi specie negli ultimi anni, riguarda l’ulteriore crescita dell’integrazione del nostro sistema produttivo manifatturiero con i mercati europei e internazionali; la prova più
evidente è venuta dall’aumento delle esportazioni che hanno in parte bilanciato la stagnazione della domanda interna.

Questo processo è stato trainato soprattutto da una serie di medie imprese che hanno saputo riorganizzarsi e attrezzarsi per vincere la competizione anche e soprattutto su mercati extraeuropei. La novità ancor più importante è che la sfida non avviene più prevalentemente sui costi del lavoro, ma sulla qualità intrinseca del prodotto, sui contenuti di innovazione tecnologica, sullo stile tipico dell’Italia, e soprattutto sulla capacità di costruire attorno alle aziende leader reti di piccole imprese; non è infrequente il caso di lavorazioni, trasferite all’estero alcuni anni fa, che vengono riportate in regione per essere affidate a piccole imprese capaci di assicurare livelli di qualità nettamente superiori.

L’apertura e l’integrazione del sistema produttivo veneto con l’Europa e con i nuovi mercati mondiali sono dunque una grande opportunità.
Questo processo va sostenuto e accompagnato da un lato da scelte di riorganizzazione degli strumenti pubblici di promozione commerciale:

– coordinamento stretto delle iniziative della Regione, di Veneto Promozione, delle Aziende Speciali e delle Società per la promozione e l’internazionalizzazione delle Camere di Commercio e dei Consorzi export;

– dall’altro dall’unificazione degli Enti Fiera presenti nel Veneto superando ogni assurda competizione.

Inoltre, una particolare attenzione deve essere rivolta anche alle piccole imprese non solo a quelle che autonomamente affrontano i mercati esteri (coinvolgimento nelle ricerche sui nuovi mercati, formazione degli operatori, strumenti finanziari adeguati), ma anche a
quelle che operano nella subfornitura verso le imprese leader (crescita professionale, sostegno alla qualità, marchi e certificazioni di filiera).

3) Piccolo e intelligente

La terza opportunità riguarda il permanere nella gente veneta di una forte e radicata vocazione all’autoimprenditorialità. Si tratta di un valore che è stato alla base della storia economica e sociale del Veneto, ma che oggi non può essere declinato secondo il modello
tradizionale ormai del tutto superato. Le trasformazioni avvenute in questi anni hanno chiaramente evidenziato modelli di fare impresa del tutto nuovi.

Le nuove imprese, che nascono e che spesso raggiungono il successo, sono quelle legate alle nuove tecnologie,
quelle che valorizzano la ricerca stilistica, quelle che nascono da contaminazione tra settori tradizionali e innovativi, quelle che richiedono professionalità specifiche derivanti da percorsi scolastici e formativi di livello medio alto, quelle che innovano mestieri tradizionali
aggiungendo la fornitura di servizi di vario tipo ai loro clienti, quelle di servizio alla persona che si avvalgono di consulenze scientifiche.

Il tratto distintivo di tutte queste imprese non è la tradizionale trasmissione del “saper fare”, ma è “la conoscenza”, “l’intelligenza” trasfuse nelle tecniche produttive, nei prodotti, nei servizi. La piccola dimensione di per sé non è più un valore, ma può continuare a essere
attraente e competitiva solo se è capace di rinnovarsi, di trasformarsi, di incorporare quote crescenti di saperi.

Non si tratta di una sfida semplice ed è per questo che è urgente e necessario che l’ambiente esterno non solo sia di ostacolo, ma anzi svolga una funzione di sostegno alla nuova imprenditorialità.

– In particolare vanno valorizzate e decisamente incrementate tutte le iniziative e le opportunità di trasferimento di know-how scientifico e tecnologico alle imprese e in particolare alle start-up;

– vanno superate le barriere che purtroppo ancora esistono tra le Università e il sistema produttivo;

– tutti i parchi scientifici-tecnologici, e le società per l’innovazione delle Camere di Commercio e della Regione, nell’arco dei prossimi cinque anni, vanno non solo strettamente coordinati, ma fusi sotto un’unica regia;

– va estesa a tutta la regione la banda larga di trasmissione dati;

– va finanziata in modo più congruo la nuova legge sulle aggregazioni;

– va riconosciuto, anche mediante un aggiornamento e un miglioramento del quadro normativo e legislativo, il ruolo dell’artigianato e delle PMI, secondo le raccomandazioni e le indicazioni della Commissione Europea.

– va avviata anche nella nostra regione, negli Istituti Tecnici e in quelli Professionali, una sperimentazione della cosiddetta formazione duale, parte in aula e parte nelle aziende;

– vanno previste forme specifiche di sostegno finanziario sia per le start-up innovative che per quelle che si trasformano avviando processi innovativi.

Dal localismo alla sinergia

Per affrontare in modo adeguato la nuova fase che si sta aprendo dopo la lunga crisi il sistema economico veneto ha assoluto bisogno di trovare nel sistema delle autonomie locali e nella Regione un interlocutore efficiente, dotato di burocrazie snelle e professionali, operante con procedure trasparenti e semplificate. Noi sappiamo bene che le autonomie locali venete si sono da tempo distinte da quelle di altre regioni italiane per la loro “buona amministrazione”: vicinanza ai cittadini, servizi pubblici diffusi e di buona qualità, costi mediamente abbastanza contenuti.

E tuttavia non si può non tener conto che molte delle condizioni in cui hanno operato i nostri Comuni e le nostre Province oggi sono radicalmente mutati: a partire dai drastici tagli della spesa pubblica decisi dagli ultimi governi, per arrivare alle modifiche normative
sugli ordinamenti comunali, alla recente legge Delrio, alle norme riguardanti le Camere di Commercio, agli imminenti interventi sulle molte società controllate dagli Enti Pubblici.

Di fronte a queste novità in parte imposte dalle ristrettezze della finanza pubblica, in parte volute da scelte politiche nazionali le autonomie locali e la stessa Regione non hanno assunto, tranne rari e lodevoli casi, una coraggiosa iniziativa di riordino e di ristrutturazione, come invece ormai richiedeva la stessa società ed economia venete.

Prova ne sono lo scarsissimo numero di fusioni tra Comuni, il bassissimo numero di Comuni che hanno dato vita alla gestione unitaria dei loro servizi, il ritardo che si sta verificando nel riordino delle competenze delle Province.

E’ evidente che ciò è dovuto al permanere a vari livelli della società veneta di una cultura del localismo, della difesa ad oltranza della propria autonomia e talora persino di qualche interesse particolare, che pesa come un macigno sul processo di riordino istituzionale e conseguentemente sul livello di competitività del sistema economico.

Questo stesso limite ha pesato e pesa ancora anche in altri settori della società veneta: si pensi alle Camere di Commercio o alle Banche Popolari che per anni sono state incapaci di autoriformarsi e di accorparsi e oggi sono state costrette ad andare in questa direzione solo grazie ad un intervento brusco, ma inevitabile, del Governo.

Per fortuna si è manifestato, e va sostenuto con forza e determinazione, qualche segnale di tipo diverso, come nel caso degli aeroporti, delle due Fiere di Verona e di Vicenza e delle società autostradali.

Il tema dunque del superamento deciso del localismo e dell’attuazione di ogni forma di sinergia e collaborazione fra tutti gli attori istituzionali ed economici della società veneta è un tema cruciale per il futuro della regione.

Oggi la competizione non è più solo tra imprese, ma, soprattutto, tra territori; in questo scenario, dunque, diverse aree geografiche vengono esposte ad un confronto competitivo sempre crescente, determinando una sempre minore adeguatezza delle politiche definite
a livello nazionale, e ponendo in primo piano le scelte in ambito regionale.

Per le imprese, come per molti cittadini, è vitale che nel corso della prossima legislatura la Regione promuova e guidi questo processo di profonda trasformazione utilizzando tutte le risorse a sua disposizione, da quelle normative, a quelle economiche, a quelle della
moral suasion.

E’ indispensabile porsi per i prossimi cinque anni alcuni obiettivi precisi e concreti:

– va decisamente incrementato il numero delle fusioni dei piccoli Comuni; nessun Comune veneto potrà continuare a fornire i servizi se non in Unione con altri;

– va rapidamente approvata dal Consiglio Regionale la normativa di applicazione della legge Delrio per la ripartizione delle funzioni delle Province;

– vanno riordinate e accorpate le società multiutility di fornitura di servizi essenziali (acqua, rifiuti, gas, energia);

– infine, va fatto un lavoro straordinario per uniformare in tutti i Comuni la normativa, le procedure e la modulistica in materia di edilizia e di ambiente.

Un’attenzione particolare merita il problema della costituzione della Città Metropolitana di Venezia: il Veneto si è per molto tempo contraddistinto per il suo policentrismo, con capoluoghi provinciali (a parte Rovigo e Belluno) di peso abbastanza equivalente. Tuttavia
negli ultimi decenni si è assistito a un ispessimento delle relazioni e a una concentrazione dei servizi del terziario avanzato soprattutto nell’area centrale veneta. E’ solo con quest’ottica che si può affrontare il problema della costruzione di un polo metropolitano che funga da magnete per l’intera regione e da acceleratore dei processi di integrazione del Veneto con le regioni transalpine.

La semplice trasformazione della città e della Provincia di Venezia in Città metropolitana rischia di non produrre alcun risultato e di diventare una grande occasione perduta.

Confidiamo nella vostra condivisione delle nostre proposte e nel vostro impegno a metterne in agenda la concretizzazione per dare al mondo produttivo e alla società veneta intera la prospettiva di recupero e di crescita che si aspetta.

Alessandro Conte
Presidente CNA del Veneto


 

ULTIME NOTIZIE

CNA TERRITORIALE DI TREVISO

Viale della Repubblica 154
31100 Treviso
Tel: 0422.3155 - Fax: 0422.315666
Email: info@cnatreviso.it
CF 94004630268
Tutti i diritti riservati


Powered by Sixtema Spa