L’INTERVISTA – Giovani ed ecosostenibilità: le priorità del nuovo Presidente

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Luca Frare, 40 anni, titolare di Idrotermica Frare di Fontanelle, dal 1º luglio è il nuovo presidente di CNA territoriale di Treviso.

Sentiamo cosa ne pensa sulle principali sfide del momento e cosa intende fare, con la sua squadra, nei prossimi quattro anni.


Presidente Frare, assume l’incarico di guidare CNA territoriale di Treviso dopo un anno e mezzo di pandemia. Che situazione trova? Come stanno le nostre imprese?

«La crisi pandemica ha colpito le imprese in maniera differenziata. Ci sono aziende che non si sono mai fermate e, anzi, hanno incrementato la produzione e il fatturato durante tutta la pandemia. Ce ne sono altre invece che sono state pesantemente colpite, come quelle del turismo, della ristorazione, del commercio, degli eventi e della cultura.

Nel complesso, i dati relativi all’economia trevigiana sono però incoraggianti. Nel primo trimestre 2021 la produzione è tornata quasi ai livelli pre-crisi, con un grado di utilizzo degli impianti che si è riportato al 74%, cioè ai livelli del 2019, e il portafoglio ordini che assicura alle aziende, in media, 50 giorni di produzione.

Non per tutti i settori il rimbalzo ha avuto la stessa intensità, ma gli imprenditori, come è emerso da una ricerca effettuata dalla Camera di Commercio di Treviso-Belluno, guardano il prossimo futuro con ottimismo e il 60% degli intervistati prevede produzione e fatturato in crescita.

Resta il problema, pensante, dell’aumento dei costi delle materie prime e delle difficoltà di approvvigionamento anche della componentistica.

Dopo un anno e mezzo di pandemia le imprese hanno più consapevolezza della necessità di aumentare il loro grado di resilienza al cambiamento attraverso investimenti in innovazione, tecnologia e capitale umano, ripensando il modello di business quando non più adeguato. Hanno compreso che “fare squadra”, attraverso più spinte collaborazioni di filiera, ma non solo, è fondamentale per la loro competitività: sviluppare soluzioni assieme permette sia di contenere i costi sia di aumentare l’offerta ai clienti. Le reti di impresa sono una strada pur non l’unica».   


Dopo lo sblocco dei licenziamenti, teme che molte aziende debbano ridurre il personale nei prossimi mesi?

«C’è una ripartenza generalizzata e questo fa ben sperare che le uscite non siano tantissime e che i settori che si sono rimessi a correre possano riassorbire i lavoratori in esubero nei comparti più in difficoltà. Nei mesi scorsi del resto è andata così per la ristorazione e il settore dell’alberghiero: chi era senza lavoro non è stato con le mani in mano e si è messo a fare altro, in molti casi imparando un mestiere nuovo.

La cosa importante è che chi viene licenziato possa riqualificarsi in fretta e ritrovare una nuova collocazione, magari più soddisfacente e remunerativa della precedente. C’è molta offerta di percorsi di formazione di qualità, gratuiti, per la ricollocazione delle persone over 30, penso al programma Assegno per il Lavoro, che sta funzionando bene, o ai bandi regionali di Work Experience. CNA Formazione ha appena pubblicato un bando per formare operai su macchine a controllo numerico (cnc) e a breve ne uscirà uno per saldatori. Sono figure molto richieste dalle nostre aziende della meccanica, del legno, della plastica».      


I rincari delle materie prime rischiano di compromettere la ripresa?

«Compromettere no, rallentare però sì. Certamente se questo trend continua, il conseguente aumento dell’inflazione potrebbe raffreddare la spinta ai consumi e agli investimenti. È positivo in questo senso l’emendamento al Decreto Sostegni-bis, su cui Esecutivo e maggioranza avrebbero trovato l’accordo, con le compensazioni per evitare che il rincaro delle materie prime edili metta in crisi la regolare esecuzione degli appalti in corso. Ci auguriamo che l’iter parlamentare non abbia intoppi».   


Quale saranno le priorità del suo mandato? Cosa le chiedono gli associati?

«Gli associati chiedono di essere aiutati a far vivere, lavorare e prosperare le proprie imprese che danno reddito e lavoro. Gli incentivi di Transizione 4.0 sono uno strumento utile per aiutare le imprese a cogliere l’opportunità dell’innovazione e del digitale, serviva però anche rifinanziare la “Nuova Sabatini”, cosa che il Governo ha deciso di fare.

Chiedono però, soprattutto, semplificazione e sburocratizzazione. Ad esempio, una norma positiva come il Superbonus 110%, in grado di far ripartire il comparto casa, è appesantita dalla burocrazia che scoraggia l’utente finale a investire.  

La mia priorità sono i giovani. Quello dell’imprenditoria giovanile è un tema fondamentale, che sarà al centro del mio mandato. Bisogna che i giovani tornino a fare impresa aumentando la loro propensione all’imprenditorialità. Essere imprenditore è faticoso ma bellissimo: ogni giorno noi imprenditori abbiamo la possibilità di creare qualcosa di nuovo, di utile, di esercitare ingegno, creatività, di usare il cervello e le mani per produrre beni o servizi. Serve che i ragazzi tornino ad innamorarsi di questo. Vanno rafforzati i programmi di alternanza scuola-lavoro e probabilmente c’è anche bisogno, ormai, di un sistema educativo diverso in cui i due ambiti – scuola e lavoro – non siano più così separati. Si diventa artigiani da piccoli, come è stato per me seguendo mio padre, andando con lui a lavorare nei cantieri.

Legato a questo, c’è il tema del passaggio generazionale, che io ho vissuto di persona e mi sento di poter dare un contributo alle imprese impegnate in questa delicata trasformazione.

Al centro del mio mandato ci sarà anche l’ecosostenibilità. Dobbiamo creare un’economia che sia sempre più circolare evitando gli sprechi e la produzione di rifiuti. È fondamentale, ad esempio, non sprecare una risorsa come l’acqua che sappiamo essere un bene finito.

Il compito di CNA nei prossimi anni sarà accompagnare le imprese a trasformarsi utilizzando i fondi che arriveranno dall’Europa per la transizione ecologica e digitale».


Quali sono le maggiori opportunità per il mondo economico locale oggi, e quali invece i maggiori ostacoli?

«La crisi pandemica ha riportato al centro del dibattito l’economia vera, che di fatto è quella artigiana, che crea ricchezza ma anche solidarietà, coesione sociale. L’accorciamento delle filiere produttive, almeno su base europea, conseguenza della crisi pandemica, può rendere il nostro sistema produttivo più autonomo e più capace di far fronte ai prossimi scossoni, inevitabili in un pianeta globalizzato, sempre più interdipendente in tutte le sue parti.

Un mondo aperto come quello di oggi offre grandi opportunità per le nostre imprese che abbiano gli strumenti e la capacità di internazionalizzarsi. La pandemia ha dato un’accelerata in questo senso, perché parte del business tradizionale è passato su piattaforme digitali.

Gli ostacoli li vedo tutti nei ritardi storici del nostro Paese che necessita di riforme radicali. C’è un mercato del lavoro ancora troppo rigido, una giustizia lenta e costosa per i cittadini e le imprese, eccessivi adempimenti burocratici, molta incertezza normativa dovuta anche al numero eccessivo di norme.

Gli ostacoli sono la nostra viabilità, anche locale, che è intasatissima e allunga i tempi di approvvigionamento dei materiali, di consegna dei lavori e di spostamento delle persone. Gli ostacoli sono i costi occulti che gravano sulle imprese perché il sistema non è efficiente: penso ad esempio ad una eccessiva frammentazione dei livelli amministrativi e a una parcellizzazione dei centri decisionali pubblici. Bisogna, ad esempio, ridurre il numero dei Comuni nella nostra provincia; il caso di Pieve del Grappa mostra che c’è stato un risparmio importante pro-capite per ogni cittadino.   

Le nostre aziende sono competitive fino ai loro cancelli. Poi, quando escono, cominciano a perdere competitività…»


Piccole imprese e mestieri artigiani sono ancora considerati poco attrattivi dai giovani e dalle loro famiglie? C’è un problema di retribuzioni?

«C’è principalmente un problema culturale: il lavoro artigiano non è mai stato valorizzato nella nostra società, né dalla scuola né dalle famiglie. Gli stessi artigiani molto spesso aspirano che i loro figli studino all’università e poi magari facciano i professionisti. Anch’io mi sono laureato però poi non ho disdegnato di fare il lavoro che faceva mio padre, nei cantieri, sporcandomi le mani. Essere artigiani è bello: è creativo, mai un giorno uguale, favorisce le relazioni, serve insegno e manualità, mani e cervello.

Bisogna che le aziende artigiane, che in molti settori hanno un problema enorme di mancanza di manodopera qualificata, tornino ad essere attrattive per i giovani. Devono diventare, ed essere percepite dai giovani, come luoghi in cui si sta bene, si impara un mestiere, si cresce come lavoratori e come persone. Serve incentivare i ragazzi anche sotto il profilo economico, ad esempio riducendo il cuneo fiscale e detassando gli straordinari in modo da aumentare ciò che resta al dipendente in busta paga».


 

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