Quattro “emme” per una nuova politica industriale che metta al centro la piccola impresa

La piccola e media impresa, il 90% della forza produttiva del Paese, va messa al centro di una nuova politica industriale. Solo così il sistema produttivo italiano, oggi in lenta ripresa, potrà assorbire con meno difficoltà l’effetto di minor crescita che avrà la manovra correttiva, del valore di 25 miliardi di euro. La scelta di riportare rigore nei conti pubblici, certo, non era più dilazionabile. E irresponsabile è stata, semmai, la finanza allegra di questi anni che ha lasciato galoppare il debito pubblico fino all’attuale 118% del PIL. Infatti, la riduzione della spesa pubblica è la precondizione della crescita. Purché, naturalmente, i tagli siano distribuiti equamente e colpiscano i veri centri di spesa improduttiva (la manovra, invece, ha pesato troppo sulle periferie, i Comuni, e troppo poco sul centro, la burocrazia e la politica, dove si annidano gli sprechi e i privilegi).

Chiediamo però un forte impegno al Governo su politiche per la competitività. Contrastare l’evasione fiscale va bene, perché siamo un Paese particolarmente caratterizzato da ingiustizia fiscale, dove le imprese oneste subiscono la concorrenza sleale di quelle disoneste, che evadono o eludono il fisco.

Ma ci vogliono solidi interventi per il rilancio della produttività nazionale che compensino i sacrifici dell’austerity. Se si vuole aiutare lo sviluppo, alcuni cambiamenti sono ineludibili. E vanno messi in campo al più presto perché, in questa fase di transizione, progresso e regresso sono ugualmente possibili e dipendono dalla qualità e dalla forza delle scelte.

La nostra associazione di categoria, che a livello nazionale rappresenta 670 mila imprese e a livello locale oltre 4 mila, ritiene che una nuova, efficace, politica industriale debba basarsi su alcuni pilastri: le quattro “emme” di Merito, Mercato, Manifattura e Manutenzione. 

Se il Merito, ovvero la scelta sempre e comunque dei migliori a qualsiasi livello e in ogni campo, diventerà criterio indiscusso e universale per l’ingresso nel sistema (produttivo, istituzionale, politico…) verrà risolta anche la questione giovanile.

Scegliere il Mercato significa invece essere intransigenti nei confronti di ogni forma di posizione dominante, di “cricca”, di clientelarismo (la legalità è la precondizione per un mercato sano). Vanno eliminate le barriere all’ingresso, semplificata la vita delle imprese (nella manovra troviamo un buon inizio in questa direzione), data certezza al credito legandolo alla bontà del progetto imprenditoriale, rafforzata la qualità del lavoro e della tutela del territorio. Più mercato non deve però significare meno solidarietà. Perché il fine dell’economia rimane sempre il benessere dell’uomo, non la crescita fine a se stessa.

La terza “emme” è quella di Manifattura. L’uscita dalla crisi passa attraverso processi di valorizzazione della nostra capacità manifatturiera. Il che significa, in concreto: precisi interventi per favorire le sinergie tra aziende (il nostro sistema produttivo è ancora troppo frammentato e ciò ne inficia la competitività sui mercati internazionali) e sostegno all’innovazione e alla internazionalizzazione.

“Manutenzione” significa infine prendersi cura del patrimonio dei territori  e della sua riqualificazione. Dove per patrimonio intendiamo tutti i beni materiali e immateriali che lo determinano, dai beni culturali ai servizi, dal patrimonio edilizio-abitativo alla capacità amministrativa.

Naturalmente, la Marca Trevigiana, con le sue forze produttive, istituzionali e politiche, può e deve giocare un ruolo importate nella ridefinizione, che ci auguriamo efficace e tempestiva, della politica industriale del Paese. Una politica, lo ripetiamo, che dovrà mettere al centro la piccola e media impresa, cuore pulsante del sistema economico italiano.

 

Alessandro Conte

Presidente CNA provinciale di Treviso

 

 


 

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