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Suicidi per crisi: una riflessione
L’elevato numero di imprenditori e lavoratori suicidi ci impressione e ci preoccupa. C’è un legame tra la recrudescenza di questo fenomeno e la crisi economica? Certamente. Il sociologo francese Emile Durkheim aveva definito suicidio anomico, cioè da mancanza di regole condivise, quello che si verifica durante le fasi di recessione economica.
Una recente indagine dell’Eures conferma l’interdipendenza del fenomeno suicidiario con la crisi economico-occupazionale: i disoccupati che si sono tolti la vita nel 2009 sono stati il 37% in più rispetto al 2008. In genere è aumentato il numero di suicidi per motivi economici, con un incremento del 32% rispetto al 2008 e del 68% rispetto al 2007. In termini relativi, i suicidi per motivi economici nel 2009 hanno rappresentato il 10% del fenomeno a fronte di appena il 3% nel 2000.
Al di là dei dati ufficiali, che si fermano al 2009, l’incremento del numero di chi decide di farla finita perché perde il lavoro o la propria attività imprenditoriale è parte della nostra esperienza quotidiana, scandita dai macabri “bollettini di guerra” che leggiamo sui giornali.
Che possono fare la società e le istituzioni per arginare questi drammi, individuali e collettivi?
Bisogna agire su tre fronti: culturale, psicologico ed economico.
Nella cultura nordestina, profondamente “laburista”, il lavoro è una delle fonti principali di identità, con un differenziale (il dato è impressionante) di 20 punti rispetto alla media italiana. Se questa cultura impregna tutti gli strati sociali, è nel mondo artigiano che trova la sua quintessenza. L’artigiano è l’uomo del fare per eccellenza. Orgoglioso del successo conquistato con la sola forza delle sue mani e della sua volontà. Spesso in titanica lotta contro il mondo: la micidiale burocrazia, l’elevata tassazione, i costi in crescita, la concorrenza sempre più esasperata, il deterioramento delle relazioni con clienti e fornitori… Difficoltà oggettive inserite in un orizzonte che rimane fosco, dove non sembra più garantita l’equivalenza, finora inossidabile, tra impegno e successo.
Quando il lavoro è identità, la crisi del lavoro diventa, oltre che economica, personale. Assieme al benessere materiale l’imprenditore vede sgretolarsi la propria “faccia”, la propria credibilità sociale, la considerazione e la stima di sé, il senso di adeguatezza.
A noi non interessa giudicare chi compie gesti tanto estremi. Ci interessa capire e trovare delle soluzioni concrete a prevenzione di questo male.
Sul fronte culturale, i percorsi di autostima, autoconsapevolezza, auto miglioramento, di scoperta dei propri talenti, che come CNA stiamo organizzando da qualche anno, hanno un ottimo riscontro. Quando l’ambiente esterno diventa più difficile bisogna essere in grado di mobilitare tutte le risorse interiori, emotive ed intellettuali, e un aiuto in questo senso può essere importante.
Sul piano psicologico, il Centro di Ascolto della Caritas per il sostegno agli imprenditori in crisi è un ottimo strumento che il territorio ha saputo darsi. Attivo dal 1 febbraio, ha già avuto numerosi contatti e preso alcuni appuntamenti. Oltre agli psicologi, sono a disposizione i nostri esperti e consulenti per affiancare sul piano pratico l’imprenditore.
Sul fronte economico, cosa si può fare? Lo abbiamo detto giovedì 9 febbraio in Commissione Politiche Sociali della Provincia di Treviso, che ci ha convocato sul tema: mettere a disposizione risorse per il Centro Aiuto della Caritas affinché possa potenziare la propria attività, dall’estensione dell’orario di apertura alla promozione (gli esperti delle Associazioni prestano servizio volontariamente).
Alla Provincia di Treviso inoltre abbiamo chiesto di aiutarci nell’opera di sensibilizzazione verso la Regione e i Comuni per il finanziamento dei fondi di garanzia dei confidi e in particolare del Fondo Antiusura, strategico in questo periodo segnato dalla drammatica mancanza di liquidità e dalle difficoltà di accedere al credito da parte delle imprese. Dal 2010 al 2011 i procedimenti penali per usura in Veneto sono aumentati del 24% ma mai nessun ente territoriale, negli ultimi dieci anni, ha finanziato il Fondo.
Giuliano Rosolen, direttore della CNA provinciale di Treviso