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Andrea, capitano di terza generazione Artigiani Next Generation racconta la storia di Andrea Ragessi, titolare della VRG Impianti di Motta di Livenza
Andrea Ragessi, 29 anni, socio titolare, insieme al fratello Matteo, della VRG Impianti di Motta di Livenza, l’impresa ce l’ha nel sangue. La respira da quando è piccolo ed è il suo orizzonte di vita.
«Il mio futuro lo vedo in questa azienda – conferma anche a se stesso –: ho intenzione di andare avanti con questi tipo di lavoro per tutto il resto della mia vita con l’obiettivo di farla crescere».
Artigiani Next Generation ne racconta la storia.
Un’azienda, tre generazioni
La storia è una storia famigliare. L’impresa, che fornisce e installa tutti gli impianti che servono a qualsiasi capannone per funzionare, viene fondata dal nonno Eligio negli anni Settanta e poi fatta crescere dai figli: il vulcanico Dionisio e il fratello Giovanni. Eligio scompare nel 2016, Dionisio, il papà di Andrea e Matteo, se ne va prematuramente nel 2018, lasciando un vuoto difficile da colmare.
Mentre lo zio Giovanni porta avanti la RGS Automazioni, ad appena cento metri di distanza dalla VRG, Andrea e Matteo, ingegneri rispettivamente elettronico e gestionale, prendono sulle spalle la gestione di quest’ultima, con i suoi 83 lavoratori, tra dipendenti e collaboratori, una filiale in Serbia, collaborazioni in Polonia, commesse in tutti i continenti.
La scomparsa prematura del padre è stata un’accelerazione inaspettata nella vita di Andrea. Uno di quei fatti non previsti che cambiano il corso e segnano una biografia.
Andrea accelera il suo ingresso in azienda dopo la morte improvvisa del padre
«Mi sono laureato alla fine del 2017 – racconta – e avevo in progetto di fare qualche anno di esperienza fuori per vedere come si lavora in altre realtà produttive. Da sempre sapevo che avrei preso sulle spalle l’azienda di famiglia, ma prima volevo fare 5-10 anni di “gavetta”: non mi sentivo pronto così presto per una responsabilità così grande».
E invece, con la scomparsa del padre, c’è stata la necessità che entrasse subito in azienda. Andrea ricorda Dionisio come un imprenditore «flessibile» e con «capacità di spaziare». Quando è mancato, l’impresa era in una fase di crescita: bisognava mantenere il ritmo e Andrea si è rimboccato le maniche.
Il lavoro per lui è «forte impegno» e «grossa soddisfazione» ma anche «la possibilità di rapportarsi con le persone». L’elettrotecnica gli è sempre piaciuta e del suo lavoro ama «mettere in pratica quello che ho studiato per anni».
Il futuro della VRG nelle mani di Andrea e del fratello Matteo
«Farò crescere la mia azienda diversificando la tipologia di lavoro, creando nuovi sbocchi, nuovi rami – dice – Abbiamo un elevato background di conoscenze immagazzinate dall’inizio dell’attività ad oggi. Mi motiva proprio il fatto che sia un’azienda di famiglia, che sia partita da mio nonno, successivamente mio padre e mio zio e adesso siamo alla terza generazione: è qualcosa che mi dà forte stimolo».
Da buon ingegnere, che misura parole ed emozioni, Andrea conosce bene quel filo di timore che attraversa il cuore di fronte a imprese che, a volte, sembrano più grandi di noi: «La preoccupazione principale è non riuscire a dare un valore in più a questa azienda, non riuscire a dare il mio contributo».
Non sarà così, naturalmente, perché il tempo premia sempre l’impegno e la dedizione e anche perché, come dice il detto: “Buon sangue non mente”. E poi Andrea può contare su pilastri davvero solidi: il fratello Matteo, lo zio Giovanni, la zia Roberta…
L’impegno di Andrea in CNA: tradizione famigliare
Come il nonno e il padre, anche Andrea si è assunto responsabilità al di fuori dell’azienda, nella propria comunità. Il nonno era stato consigliere comunale a Meduna di Livenza e tra i fondatori della CNA di Oderzo, il padre ha avuto incarichi nella CNA e nel confidi Canova. Lui, da luglio 2021, è presidente del mandamento opitergino-mottense di CNA.
«Far parte di un’Associazione di categoria dà uno stimolo in più: è darsi una mano l’uno con l’altro nei momenti di difficoltà per uscirne migliori» conclude.
Le foto sono di Alfonso Lorenzetto.
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